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Cassazione, sentenza 30 aprile 2010, n. 10525, sez. IV civile

Successioni “mortis causa” – Disposizioni generali – Delazione dell’eredità (chiamata all’eredità) - Acquisto della qualità di erede - Delazione - Sufficienza - Esclusione - Accettazione dell'eredità - Espressa o tacita - Necessità - Giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius" - Onere di provare l'assunzione, da parte del convenuto, della qualità di erede - A carico dell'attore - Fondamento.


In tema di successioni "mortis causa", la delazione che segue l'apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all'acquisto della qualità di erede, essendo a tale effetto necessaria anche, da parte del chiamato, l'accettazione, mediante "aditio" oppure per effetto di "pro herede gestio" oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all'art. 485 cod. civ. Ne consegue che, in ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del "de cuius", incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all'art. 2697 cod. civ., l'onere di provare l'assunzione da parte del convenuto della qualità di erede, la quale non può desumersi dalla mera chiamata all'eredità, non essendo prevista alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all'accettazione dell'eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta, quindi, un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità.
Riferimenti normativi: Cod. Civ. artt. 459, 470, 485 e 2697.
Massime precedenti Conformi: n. 3696 del 2003.
Massime precedenti Vedi: n. 16507 del 2006.



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