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Categoria: EDILIZIA

Corte Costituzionale, sentenza 19 febbraio 2024, n. 19

Paesaggio - Autorizzazione paesaggistica - Necessità di tutela uniforme sul territorio nazionale - Ratio - Strumento di protezione di beni comuni, a prescindere dalla sussistenza del danno ambientale.


L’autorizzazione paesaggistica deve essere annoverata tra gli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale.

La tutela dell’ambiente e del paesaggio prescinde dalla sussistenza di un danno ambientale. Essa si sostanzia nel predisporre strumenti di protezione di tali beni comuni, come i piani paesaggistici, o le autorizzazioni, o i divieti, strumenti questi tutti previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio. L’eventuale assenza di un danno ambientale non costituisce pertanto ragione idonea a scindere il collegamento tra la sanzione e la disciplina di tutela paesaggistica.

È dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. s, Cost., l’art. 83 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, limitatamente alle parole «e, comunque, in misura non inferiore all’ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro».
La disciplina del cod. beni culturali – nel caso di opere realizzate senza autorizzazione paesaggistica e senza che ne sia derivato un danno ambientale – comporta l’applicazione della sanzione di carattere reale della riduzione in pristino, salvo che sia accertata la compatibilità paesaggistica, in tal caso essendo tenuto il trasgressore al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. Al contrario, la disposizione censurata dal TAR Lombardia, sez. staccata di Brescia, sez. prima, determina la sanzione pecuniaria mediante l’ulteriore criterio parametrato al costo teorico di realizzazione degli interventi abusivi, da desumere nei modi indicati dalla medesima disposizione. Ciò contrasta con la misura prevista dall’art. 167, comma 5, cod. beni culturali, sanzione amministrativa pecuniaria di natura riparatoria. La disciplina sostanziale cui si riferisce la sanzione pecuniaria in esame, infatti, deve necessariamente ascriversi alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, stante l’esistenza di un evidente interesse unitario alla tutela del paesaggio e a un eguale trattamento in tutto il territorio nazionale della tipologia di abusi paesaggistici suscettibili di accertamento di compatibilità. Pertanto, le ineludibili esigenze di uniformità di trattamento impediscono al legislatore regionale di intervenire con norme difformi dalle previsioni statali di tutela paesaggistica in senso stretto, come quelle che disciplinano l’inosservanza del regime autorizzatorio. Né si può ritenere che la norma sanzionatoria in oggetto avrebbe elevato la tutela dell’ambiente, com’è consentito fare alle regioni, a certe condizioni, nell’esercizio di competenze interferenti con quella ambientale, in quanto esse non possono interferire con la disciplina dettata dal cod. ambiente; né che, al fine di elevare la tutela ambientale, l’intervento legislativo regionale abbia effettivamente colmato una lacuna dell’indicata normativa statale, completandone il dettato, poiché essa ben può essere interpretata nel senso che in tale ipotesi non sia irrogabile alcuna sanzione.