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Categoria: VENDITA

Cassazione, ordinanza 18 novembre 2022, n. 34073, sez. II civile

CONTRATTI – VENDITA - Contratto preliminare - Inadempimento - Danno da lucro cessante - Determinazione - Differenza del valore - Tra il prezzo del preliminare e il valore alla scadenza della diffida ad adempiere - Sussistenza.


Nel caso di specie, sul piano processuale, la quantificazione del pregiudizio riparabile si è cristallizzata, per la prima volta, con la pronuncia della sentenza di prime cure, che ha appunto quantificato e liquidato il deprezzamento subito, e dunque non poteva essere imputato all'appellante di non aver contestato le risultanze addotte sul punto dalla consulenza tecnica d'ufficio espletata dinanzi al Tribunale. Infatti, quest'ultima si era limitata, rispondendo al quesito posto, a calcolare il valore di mercato dell'immobile all'attualità e non già il deprezzamento del bene risultante dalla differenza tra il prezzo concordato nel preliminare e il valore commerciale dell'immobile, al tempo della definitività dell'inadempimento che ha legittimato l'effetto risolutivo.

Sul piano sostanziale, al promittente venditore che agisca per la risoluzione del contratto e per il risarcimento del danno, per il caso di inadempimento del promissario acquirente, deve essere liquidato il pregiudizio per la sostanziale incommerciabilità del bene nella vigenza del preliminare, la cui sussistenza è in re ipsa e non necessita di prova.

Il  rivendicato  danno  da  lucro  cessante  è  consistito  nell'eventuale  differenza  (recte  nel deprezzamento) tra il prezzo pattuito nel preliminare e il valore commerciale dell'immobile al momento in cui l'inadempimento è diventato definitivo, normalmente coincidente (sulla scorta del principio generale espresso dall'art. 1225 c.c., secondo cui la prevedibilità del danno risarcibile deve essere valutata con riferimento al momento in cui il debitore, dovendo dare esecuzione alla prestazione e potendo scegliere fra adempimento e inadempimento, è in grado di apprezzare più compiutamente e, quindi, prevedere il pregiudizio che il creditore può subire per effetto del suo comportamento inadempiente) con quello di proposizione della domanda di risoluzione ovvero altro anteriore, ove accertato in concreto.

Senonché, tale pregiudizio è stato calcolato avendo riguardo alla differenza tra il prezzo stabilito nel preliminare e il valore commerciale del bene all'epoca dell'espletamento dell'incarico peritale. Per converso, il valore di mercato doveva essere determinato alla data in cui l'inadempimento è divenuto definitivo, momento in cui il contratto si è risolto per effetto dell'unitile decorso del termine concesso con la diffida ad adempiere, come accertato - con statuizione meramente dichiarativa - dalla pronuncia impugnata.