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Cassazione, ordinanza 22 febbraio 2024, n. 4789, sez. V

Imposta di registro- Conferimento d’azienda e successiva cessione della partecipazione nella conferitaria- Riqualificazione come cessione d’azienda- Esclusione


Gli effetti dell’attuale formulazione dell’art. 20 TUR sono stati di recente illustrati da questa Corte, nella pronuncia n. 2252/2023, che ne ha fatto applicazione in relazione all’atto di cessione totalitaria di quote. Nella stessa è stato affermato che, per effetto della riformulazione dell’art. 20, non è più sostenibile l’orientamento della giurisprudenza tributaria che riqualificava la cessione delle quote come cessione d’azienda “guardando alla «funzione economica» dei due contratti, i.e. alla «sostanza economica» prodotta da essi”. Pertanto, non è possibile “tassare l’atto di cessione di quote come cessione di azienda sull’assunto erroneo [...] per cui vi sarebbe identità di effetti giuridici tra la prima e la seconda”, posto che “la cessione delle quote in realtà non coincide con la cessione dell’azienda dato che l’una attribuisce un diritto personale di partecipazione alla vita societaria, l’altra attribuisce un diritto reale sul patrimonio societario”. (…) In breve, il legislatore ha voluto confinare l’attività di riqualificazione degli atti, se basata anche sulla considerazione degli “effetti economici” delle operazioni, alla norma sull’abuso del diritto, di cui all’art. 10-bis della L. 212/2000, nel cui contesto, e nel rispetto delle condizioni e delle garanzie fissate dalla citata disposizione, è ammesso che l’Amministrazione finanziaria o il giudice considerino il vantaggio fiscale indebito. Invece, la norma recata dall’art. 20 del DPR 131/86 è una norma sull’interpretazione degli atti, che non può valutare altro che il contenuto dell’atto stesso, senza sconfinare in un esame degli effetti economici dell’operazione (in tal senso, da ultimo, cfr. anche Cass. nn. 5842/2023 e 5838/2023).