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Cassazione, sentenza 30 gennaio 2024, n. 2802, sez. V

Imposta di registro- Cessione di ramo d’azienda- Calcolo valore avviamento- Base imponibile.


Ai fini del calcolo del valore dell'avviamento commerciale della azienda, in virtù del combinato disposto degli artt. 51 del d.P.R. n. 131 del 1986 , e 2, comma 4, del d.P.R. n. 460 del 1996, la percentuale di redditività deve essere parametrata alla media dei ricavi (e non degli utili operativi) accertati, o, in mancanza, dichiarati ai fini delle imposte sui redditi nei tre periodi d'imposta anteriori a quello in cui è intervenuto il trasferimento, applicando di seguito il moltiplicatore previsto dal detto art. 2, comma 4, criterio avente la funzione di fungere da parametro minimo per il relativo calcolo. Qualora, l'amministrazione finanziaria abbia applicato un coefficiente inferiore a quello di cui al cit. art. 2, comma 4, che rappresenta un valore minimale d'avviamento, si presume che la capacità di profitto dell'azienda non sia inferiore a quello cui si perviene mediante la sua applicazione, salva la prova contraria del contribuente.

L’inerenza delle passività non sussiste solo allorquando gli investimenti ovvero le passività siano riferibili a operazione idonee a produrre reddito, poiché la riferibilità si relaziona non ai ricavi in sé, ma all'oggetto dell'impresa.
L'art. 50 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 , interpretato alla luce della disciplina comunitaria di cui costituisce attuazione (il riferimento è alla Direttiva n. 69/335/CEE del Consiglio del 17 luglio 1969, ma è estensibile alla Direttiva n. 08/7/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, che costituisce "rifusione" della precedente e delle sue modificazioni), impone che la base imponibile vada determinata sulla base del valore dei beni o diritti conferiti al netto delle passività e degli oneri "inerenti" al bene o diritto trasferito, con esclusione delle passività che non sono collegate all'oggetto del trasferimento.