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Categoria: VENDITA

Cassazione, sentenza 29 marzo 2022, n. 10109, sez. II civile

CONTRATTI – VENDITA - Vendita immobiliare - Nullità - Restituzione dell’immobile - Mancata domanda di parte - Ordine del giudice - Legittimità - Esclusione.


Nel caso in cui il contratto sia dichiarato risolto, è necessario che la parte formuli specifica domanda al fine di ottenere la restituzione della prestazione eseguita, non potendo il giudice adottare la relativa statuizione d'ufficio, atteso che, pur trattandosi di una conseguenza della pronuncia sul negozio, non si tratta di un effetto automatico, rientrando nell'autonomia delle parti disporre degli effetti della risoluzione, chiedendo o meno la restituzione della prestazione rimasta senza causa.

La condanna alla restituzione, non rappresentando una conseguenza automatica della pronuncia di nullità, annullamento o risoluzione del contratto, esige sempre, per il principio della domanda, la richiesta della parte interessata, rientrando nella sua autonomia chiederla o meno, sicché il giudice non può disporla d'ufficio.

L'istituto della compensazione c.d. impropria o atecnica, configurabile nel caso in cui i rispettivi crediti e debiti abbiano origine da un unico rapporto, opera a condizione che la valutazione delle reciproche pretese importi soltanto un semplice accertamento contabile di dare ed avere, per cui il giudice può procedervi anche in assenza di eccezione di parte o della proposizione di domanda riconvenzionale, risolvendosi in sostanza in una operazione di quantificazione del saldo del credito fatto valere in giudizio, mentre nel caso di specie la compensazione, avendo ad oggetto prestazioni di natura diversa e quindi non omogenee, l'una di restituzione di una somma di denaro e l'altra di un immobile, non si risolveva affatto in un'operazione meramente contabile, ma presupponeva valutazioni ed accertamenti che richiedevano una apposita domanda di parte.