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Cassazione, ordinanza 23 luglio 2018, n. 19493, sez. II civile

CONTRATTI - INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO - Clausola – Effetto – Sussiste.

 

 

In tema di interpretazione del contratto, il criterio ermeneutico contenuto nell’articolo 1367 c.c. - secondo il quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno - va inteso non già nel senso che è sufficiente il conseguimento di qualsiasi effetto utile per una clausola, per legittimarne una qualsivoglia interpretazione pur contraria alle locuzioni impiegate dai contraenti,    ma che, nei casi dubbi, tra possibili interpretazioni, deve tenersi conto degli inconvenienti cui può portare una (o più) di esse e perciò evitando di adottare una soluzione che la renda improduttiva di effetti.

Quando il senso del contratto o della clausola sia rimasto oscuro o ambiguo nonostante l’utilizzo    dei criteri letterale, logico e sistematico di indagine, deve trovare applicazione il principio della conservazione degli effetti utili del contratto o di una sua clausola, previsto dall’art. 1367 c.c. Ne consegue che il giudice di merito, una volta ritenute oscure ed inidonee a consentire un’inequivoca interpretazione le espressioni contenute nel contratto, deve comunque  accertare  se  le  contrapposte versioni delle parti siano corredate da buona fede, valutandone il comportamento complessivo, nonché verificare quali effetti la clausola produca. Detto criterio – sussidiario rispetto   al principale criterio di cui all’art. 1362, primo comma, cod. civ. – condivide il limite comune agli altri criteri sussidiari, secondo cui la conservazione del contratto, cui esso è rivolto, non può essere autorizzata attraverso un’interpretazione sostitutiva della volontà delle parti, dovendo in tal caso il giudice evitarla e dichiarare, ove ne ricorrano gli estremi, la nullità del contratto.