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Categoria: EDILIZIA

Cassazione, sentenza 30 giugno 2014, n. 14816, sez. II civile

PROPRIETÀ - RAPPORTI DI VICINATO - NORME DI EDILIZIA - VIOLAZIONE - NORME INTEGRATIVE E NON DEL CODICE CIVILE - Distanze legali - Valutazioni - Da considerare l'abbassamento della copertura del fabbricato - Legittimità.


In tema di distanze tra costruzioni, l'art. 873 c.c. trova applicazione anche quando, a causa del dislivello tra i fondi, la costruzione edificata nell'area meno elevata non raggiunga il livello di quello superiore, in quanto non soltanto le esigenze di tutelare l'assetto urbanistico e l'ambiente non vengono meno per l'esistenza di una scarpata tra un fondo e l'altro, ma permane anche la necessità di evitare intercapedini dannose.
(Nella specie viene in gioco la diversa disposizione dettata dall'art. 9, secondo comma, del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, il quale prescrive «la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti»: norma replicata dall’art. 35 delle norme d’attuazione del piano urbanistico regionale generale del Friuli-Venezia Giulia e trasfusa nella variante n. 25 al piano regolatore del Comune di Trieste. Il citato art. 9, e le convergenti disposizioni applicabili nel Comune di Trieste, nel fissare una distanza minima assoluta più ampia di quella dettata dal codice civile, presuppongono che le pareti, di cui almeno una finestrata, siano antistanti, e quindi fronteggiantisi: tali norme, pertanto, non sono applicabili per la costruzione, o per la parte di essa, realizzata nel fondo inferiore che non superi il dislivello naturale dei fondi).