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Categoria: NOTAIO

Cassazione, sentenza 19 febbraio 2021, n. 4527, sez. II civile

PROFESSIONISTI - Notai - Surroga dei mutui - Atto di quietanza non a raccolta - Illecito disciplinare - Configurabilità - Motivi.

In tema di procedimento disciplinare nei confronti dei notai, cui si applica l'art. 26 del d.lgs. n. 15 del 2011, il ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte d'appello, adottata sul reclamo nei confronti del provvedimento disciplinare, deve intendersi ammesso anche per Ie violazioni di norme processuali riconducibili ai vizi di cui aIl'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., in forza di un'interpretazione costituzionalmente orientata ed al fine di garantire la piena tutela delle garanzie primarie del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio.

Il Consiglio notarile cui appartiene il notaio incolpato è parte necessaria nella fase giurisdizionale soltanto nell'ipotesi in cui il Presidente di detto Consiglio abbia promosso l'azione disciplinare oppure sia intervenuto nella fase procedimentale svolta innanzi la Commissione Amministrativa Regionale di Disciplina, ricordando come la facoltà di intervento non è riconosciuta al Capo dell'Archivio notarile (L. n. 89 del 1913, art. 156 bis, n. 5), nel caso di iniziativa disciplinare assunta da altro soggetto.

Il Presidente del Consiglio Notarile ben può, ed anche in via concorrente, attivarsi per la contestazione degli illeciti disciplinari, sebbene emersi a seguito dell'attività ispettiva del Capo dell'Archivio Notarile.

La previsione dell’art. 151 della legge notarile trova applicazione espressa, soltanto "in quanto possibile" senza che, pertanto, derivi alcuna conseguenza dalla sua inosservanza, e senza che la differente disposizione dettata in tema di procedimenti disciplinari a carico di appartenenti all'ordine forense possa costituire un parametro di rifermento, tale da indurre a dubitare della legittimità della norma notarile, rientrando la diversa scelta operata dalla legge n. 247/2012 nella discrezionalità del legislatore.

In assenza di una diversa opzione normativa, deve ritenersi che il mancato adeguamento alle direttive circa le modalità di composizione del collegio giudicante della COREDI, in ragione della provenienza del notaio coinvolto, non determini alcuna invalidità sulla decisione alla quale abbia concorso un notaio appartenente al medesimo distretto del notaio sub iudice, le cui garanzie appaiono adeguatamente assicurate dagli istituti della ricusazione e dell’astensione.

La surrogazione ex art. 1201 e ss. c.c. non determina un'estinzione del debito ma la modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio originario, con la sostituzione di un terzo all'originario creditore e senza incidenza sull'aspetto oggettivo del rapporto, con la conseguenza che, nonostante il soddisfacimento del creditore mediante il pagamento ad opera del terzo, la struttura del rapporto obbligatorio rimane inalterato ed il debito mantiene le sue iniziali caratteristiche.

Anche in tema di responsabilità disciplinare dei notai deve ritenersi applicabile il principio (tipico di tutti i sistemi sanzionatori, quali quel penale - art. 42, ultimo comma cod. pen. - ed amministrativo art. 3 Legge 689/1981 - ) secondo cui è necessario che l'illecito sia ascrivibile (almeno) a titolo di colpa all'autore del fatto, con la conseguenza che, anche per il notaio, l'errore sulla liceità del fatto deve ritenersi rilevante (e scriminante) qualora esso risulti incolpevole, dovendosi tuttavia desumere il necessario profilo di non colpevolezza dell'errore stesso da elementi positivi (quale un'assicurazione di liceità da parte della P.A. preposta, ovvero, come nella specie, un provvedimento dell'autorità giudiziaria) idonei ad indurre il professionista all'illecito contestato e non ovviabile con l'uso dell'ordinaria diligenza.

Occorre avere riguardo alla mera condotta, secondo un criterio di agire o di omettere doveroso, ricollegando il giudizio di colpevolezza a parametri normativi estranei al dato puramente psicologico e limitando l'indagine sull’elemento oggettivo dell'illecito all'accertamento della condotta inosservante, sicché, integrata e provata dall'autorità amministrativa la fattispecie tipica dell'illecito, grava sul trasgressore, in virtù della presunzione di colpa posta all'art. 3 della l. n. 689 del 1981, l'onere di provare di aver agito in assenza di colpevolezza.

L'esimente della buona fede, applicabile anche all'illecito amministrativo disciplinato dalla l. n. 689 del 1981, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa solo quando sussistano elementi positivi idonei ad ingenerare nell'autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto il possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, sicché l'errore di diritto sulla liceità della condotta può rilevare in termini di esclusione della responsabilità amministrativa (e nel nostro caso disciplinare) solo quando esso risulti inevitabile, occorrendo a tal fine, da un lato, che sussistano elementi positivi, estranei all'autore dell'infrazione, che siano idonei ad ingenerare in lui la convinzione della liceità della sua condotta e, dall'altro, che l'autore dell'infrazione abbia fatto tutto il possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso, neppure sotto il profilo della negligenza omissiva, gravando sull'autore dell'infrazione l'onere della prova della sussistenza dei suddetti elementi, necessari per poter ritenere la sua buona fede.

Deve essere condivisa la conclusione del giudice di merito che ha ritenuto esclusa l'esistenza di un affidamento legittimo in capo alla ricorrente circa la prassi seguita di non mettere a raccolta le quietanze e di non indicare il valore ai fini dei parametri per la tassazione e contribuzione.

È manifestamente infondata Ia questione di legittimità costituzionale degli artt. 135 e 138 della legge notarile, nella parte in cui non prevedono l'operatività del regime del cumulo giuridico delle sanzioni disciplinari anche nell'ipotesi di plurime infrazioni della medesima disposizione compiute in atti diversi, anche se dello stesso tipo, trattandosi di scelta rimessa alla discrezionalità del legislatore e non sussistendo una disparità di trattamento rispetto ad altri settori dell'ordinamento in virtù deIle specificità della professione notarile, degli interessi protetti e dei valori di riferimento.

L'art. 135, comma 4, della legge notarile, secondo il quale se il notaio, in occasione della formazione di uno stesso atto, contravviene più volte alla medesima disposizione, si applica una sola sanzione, determinata fino all’ammontare massimo previsto per tale infrazione tenendo conto del numero delle violazioni commesse, non opera in caso di plurime infrazioni identiche compiute in atti diversi, non potendo il giudice interferire nella discrezionalità del legislatore con l'estendere all'ambito degli illeciti disciplinari quanto previsto, in tema di continuazione, da altri settori dell'ordinamento.


(Nel caso di specie è stato sanzionato il notaio che non ha messo a raccolta gli atti di quietanza relativi alla surroga dei mutui. La portabilità dei finanziamenti, infatti, può effettuata con la stipula di un solo atto o con negozi separati che devono però essere presentati entrambi in conservatoria. Né assume rilievo il fatto che il professionista sia stato sottoposto ad altre ispezioni e che la scelta di non di non mettere a raccolta gli atti non sia stata fatta oggetto di analoghi rilievi).