Data pubblicazione:

Cassazione, ordinanza, 21 luglio 2025, n. 20332, sez. I civile

Comunione legale.

In caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179, comma 2, cod. civ., si pone come condizione necessaria, ma non sufficiente, per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento, da parte dei coniugi, della natura personale del bene medesimo, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione, tassativamente indicate dall’art. 179, comma 1, lett. c), d) ed f), cod. civ.. A quest’ultimo scopo l’intervento adesivo del coniuge non acquirente può rilevare solo come prova dei presupposti di tale effetto limitativo, quando assuma il significato di un’attestazione di fatti. Ma non rileva come atto negoziale di rinuncia alla comunione. Sotto questo profilo la dichiarazione del coniuge non acquirente opera sul piano probatorio, assumendo natura ricognitiva e portata confessoria di presupposti di fatto già esistenti quando risulti descrittiva di una situazione di fatto, ma non quando sia solo espressiva di una manifestazione di intenti; ne discende che la revoca della confessione stragiudiziale ex art. 2732 cod. civ. assume una sua utilità nell’economia della decisione della lite se la dichiarazione resa ha simili caratteristiche.